mercoledì 21 agosto 2013

Il Valzer delle Ciliegie.

S'assottiglia l'assurdo; una stringa così luminescente quanto affilata, sì, tendente all'infinito in quel formicolio vorticoso che coinvolge il petto nelle cose nuove.
Una liturgia sentimentale che si rinnova, dunque: eppure ci si bagna di primizia feconda come l'adolescenza, la luna piena, il clamore atavico ed il sangue notturno che cambia odore nelle ore di buio. Tutto ciò sotto il cipiglio della raccapricciata ragione che nulla può contro il fervore agonistico dell'animo; lei conosce le traiettorie scoscese e le colonne portanti, il frivolo e la magniloquenza di constatazione nell'apparenza, il voluttuoso gioco dei toni vocali, delle carezze, dei soffi a mezza bocca e pure di schiaffi, di sabbia e terra, acrilici e peli di cinghiale. Un'essere coscienti nell'ebbrezza invincibile, come chi è cosciente che è prossimo alla morte.
Lei era la beltà decadente sul fiore del divino; la veste sporca di vermiglio dall'origine dubbia, il pallore luminescente, l'indecenza trionfate. Se ne stava seduta in drappi oblunghi che nascondevano in parte uno scheletro affilato ed un animo pungente: nei pressi una tela, dei colori, peli di gatto. Il limitare della chiesa di Saint Quentin era tutta una casbah d'intenti; la perfezione era così straziante quanto coscienziosa, ancora una volta, come le tempistiche del fuoco che brucia. E allora il fuoco bruciò; ormai perse le ragioni si consumava il lutto umano, incauto della squisitezza futura impastata di soffocamento e tenebra che, serafica, attendeva di pari passo come la Maddalena piangente. L'indecenza; eppure non v'è carne, liquidi corporei, veleno. La sua chioma rossa come la più succulenta delle ciliegie: poi il vuoto. Ne voglie, ne presentazioni, ne richiami d'antidoto.. nulla. Così la ragione ride, beffandosi del delirio tenuto in caldo dalle cose; e non che ci sia da lezione, nella pietà che non cede al rancore, che per queste questioni s'è immuni alla logica convenzionale. E' un cerchio di trucchi e prestigio, di domatori e fiere, insensato quanto piacevole: lo si conosce pure troppo e non lo si evita. Perchè tutto questo?
La frenesia iniziale che si smorza con un fiato in distanza; l'allegria fuggitiva sulla barca della misoginia. Penso troppo a perfezionare; è marcio l'idilliaco che sguazza con eleganza sulle pareti dei miei ventricoli. Quando l'etereo imposto non s'aggroviglia su pupille vispe si perde l'incanto: l'odio premiscelato all'ermetismo va a fare d'armatura alla ragione.
"Hai visto? E' stato inutile!"  Quella stronza che mi sta dentro coi capelli composti e la voce squillante. Ma come dargli torto? Qui c'è schifo in ogni buco che quando si vuol leccare il cielo c'è da aver paura di una malattia venerea.
Ma, come un bimbo con le dita sporche di miele e fango, abbiamo bisogno dell'onirico lucido; quell'idea sottile come una stringa luminosa di cui prima.
Una ciliegia tira l'altra; così disturbato che ne ho perso il conto.

mercoledì 20 febbraio 2013

"E' nero inferno sulle dita e non lo levi più."

Cosa spinge questo tratto? Sicuro qualcosa di cui non m'è dato sapere; le dita oscillano con strumentazioni su supporti calzando disinvoltura e spargendo linee: corpi in danze e cadenze di vento che cospargono nuvole di cose vibranti o che io stesso lascio vibrare, tipo un amplesso lento e costante; spruzzi e sprazzi di idee si mischiano con liquidi corporei d'immagini, formando forme e masturbazioni cognitive che strusciano su epidermidi di partner occasionali o filosofie sposate, figlie d'una comune madre. Affari del cuore o dello scroto? Sarà, ma ci son cose talmente semplici o complesse -già, manco lo so che cazzo sono- che risultano difficili da filtrare e spalmare su contesti cartacei tipo scatoloni di scarpe, tovaglioli di carta d'un bar, etichette di citofoni a caso o semplici fogli formato A4.
Come si esprimono le cose?
Conosco la risposta ma non riesco a spiegarla, o forse è solo una scusa per procrastinare la faccenda. Ci sono sere in cui il cranio tenta con scarsi risultati di contenere overflow d'impressioni e sere che se la comanda la paffuta balla di fieno.


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La vestizione nel sociale o Colei delle faccende Rimpiazzo, matita su carta.