mercoledì 20 febbraio 2013

"E' nero inferno sulle dita e non lo levi più."

Cosa spinge questo tratto? Sicuro qualcosa di cui non m'è dato sapere; le dita oscillano con strumentazioni su supporti calzando disinvoltura e spargendo linee: corpi in danze e cadenze di vento che cospargono nuvole di cose vibranti o che io stesso lascio vibrare, tipo un amplesso lento e costante; spruzzi e sprazzi di idee si mischiano con liquidi corporei d'immagini, formando forme e masturbazioni cognitive che strusciano su epidermidi di partner occasionali o filosofie sposate, figlie d'una comune madre. Affari del cuore o dello scroto? Sarà, ma ci son cose talmente semplici o complesse -già, manco lo so che cazzo sono- che risultano difficili da filtrare e spalmare su contesti cartacei tipo scatoloni di scarpe, tovaglioli di carta d'un bar, etichette di citofoni a caso o semplici fogli formato A4.
Come si esprimono le cose?
Conosco la risposta ma non riesco a spiegarla, o forse è solo una scusa per procrastinare la faccenda. Ci sono sere in cui il cranio tenta con scarsi risultati di contenere overflow d'impressioni e sere che se la comanda la paffuta balla di fieno.


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La vestizione nel sociale o Colei delle faccende Rimpiazzo, matita su carta.